Cos’è la diabulimia e il diabete di tipo 1
Nel panorama mondiale attuale, spesso abbiamo letto, ascoltato e siamo stati informati circa l’incidenza dei disturbi del comportamento alimentare soprattutto negli adolescenti e nei giovani adulti.
Alcune patologie psicologiche possono avere una relazione bidirezionale con una o più patologie organiche. Questo è il caso della diabulimia, un disturbo del comportamento alimentare che si manifesta in persone con diagnosi di diabete di tipo 1.
Nello specifico, il diabete di tipo 1 è una patologia autoimmune, che si manifesta principalmente in età evolutiva e nella prima età adulta, e che consiste nella impossibilità da parte del pancreas di secernere insulina (un ormone che regola la quantità di glucosio nel sangue e l’utilizzo di questo da parte delle cellule sotto forma di energia). Come in tutte le malattie autoimmuni, il sistema immunitario che difende l’organismo dagli agenti esterni pericolosi (non self), inizia a riconoscere come dannosi ed attaccare gli agenti interni dell’organismo (self) attivando quindi una infiammazione che a lungo andare può diventare una vera e propria patologia: il diabete di tipo 1.
La terapia farmacologica per i diabetici di tipo 1, a differenza del diabete di tipo 2, consiste nell’assunzione di insulina attraverso iniezioni (o altri strumenti innovativi come il microinfusore) tutti i giorni per tutta la vita. Non a caso le persone con diabete di tipo 1 sono insulinodipendenti. (tratto da https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/tools-della-salute/glossario-delle-malattie/diabete-di-tipo-1)
L’insulinodipendenza e la diabulimia
L’insulinodipendenza e quindi, la consapevolezza di dover convivere per tutto l’arco di vita con una patologia complessa ed impegnativa, può comportare una difficoltà di accettazione legittima della patologia che, se non viene analizzata e prevenuta attraverso un percorso di consapevolezza psicologica e organica, può convertirsi in difficoltà psicologiche che possono sfociare in disturbi veri e propri.
La diabulimia è un disturbo del comportamento alimentare non ancora inserito nel capitolo dei DCA all’interno del DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). La diabulimia è stata identificata e riconosciuta intorno al 2009 da un gruppo di medici britannici i quali hanno osservato che molti pazienti con diabete di tipo 1 non gestivano correttamente le dosi di insulina prescritte.
La caratteristica della diabulimia è la seguente: le persone con diagnosi di diabete di tipo 1 soprattutto adolescenti, dopo aver scoperto che l’insulina è un ormone anabolico (significa che stimola la produzione di molecole complesse come i grassi), iniziato ad autogestire in modo disfunzionale l’erogazione della insulina prescritta dal medico al fine di erogare meno quantità possibile di insulina per evitare di ingrassare e per perdere peso. (tratto da https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5396822/)
Vediamo insieme le caratteristiche e i sintomi della diabulimia.
Come si manifesta la diabulimia
I sintomi caratteristici della diabulimia sono i seguenti:
- una rapida perdita di peso;
- schemi alimentari sregolati (ad esempio periodi di abbuffate e condotte eliminatorie, periodi di digiuno restrittivo);
- ossessione per la forma del proprio corpo e paura estrema di ingrassare;
- iperglicemie frequenti ed inspiegabili (quantità di zucchero nel sangue eccessiva rispetto alla quantità di insulina erogata che dovrebbe mantenere una stabilità glicemica);
- minzione frequente.
La persona con diabulimia ha una ossessione quotidiana nei confronti del proprio peso corporeo e della paura di poter ingrassare. Possiamo solo immaginare quanto sia difficile per adolescenti nel pieno della scoperta della propria identità, convivere con una condizione organica come il diabete e allo stesso tempo combattere la paura spropositata di ingrassare scontrandosi con la forma di sopravvivenza farmacologica indispensabile per loro, quale l’insulina, poiché appunto senza insulina non potrebbero sopravvivere.
Cause della diabulimia
Le cause della diabulimia possono essere diverse e complesse.
Una delle possibili è ascrivibile alla difficoltà che l’adolescente percepisce nel doversi confrontare con i pari avendo una patologia che lo differenzia. L’obiettivo dell’adolescente, inconsciamente, è quello di crescere e sviluppare una propria personalità stabile rapportandosi con il gruppo di pari e man mano differenziandosi dalla propria famiglia di origine, per poter diventare un giovane adulto sano, indipendente ed autoaffermato.
Per un adolescente, o un giovane adulto con diabete di tipo 1, questo aspetto di differenziazione può essere maggiormente problematico proprio perché la patologia che presenta è onnipotente nella sua vita e comporta una attenzione e una cura di sé che spesso appesantisce la quotidianità della persona che non può svolgere “normalmente” le azioni e i comportamenti legittimamente ribelli tipici dell’età adolescenziale.
Per un diabetico è problematico più degli altri normoglicemici, assumere alcol, fumare, mangiare cibo spazzatura e non avere orari per i pasti. Una persona con diabete non deve soltanto prestare attenzione alla quantità di insulina da erogare, ma deve anche imparare a calcolare la quantità di insulina in base ai carboidrati che assume, deve cercare di mantenere una regolarità alimentare e oraria rispetto ai pasti principali, deve prestare attenzione all’attività fisica improvvisa, poiché anche una corsa per non perdere il bus può comportare un abbassamento di glicemia (quantità minore di zuccheri nel sangue rispetto alla quantità elevata di insulina che dovrebbe metabolizzarli).
Per un adolescente che ha necessità di evadere, sbagliare, ribellarsi per potersi identificare, mantenere un controllo su di sé e sul mondo esterno di questo tipo può essere deleterio e comportare manifestazioni sintomatologiche anche gravi, come i disturbi del comportamento alimentare.
Il ruolo della famiglia per gli adolescenti
Soprattutto per gli adolescenti, la famiglia ricopre un ruolo fondamentale nella insorgenza del disturbo sia da un punto di vista di educazione alimentare che di educazione affettiva. Perché appunto è necessario che prima di tutto questi adolescenti abbiano la consapevolezza e la sicurezza di non essere soli e di avere accanto un porto sicuro che è dato dalla presenza della famiglia di origine che possa aiutarli a differenziarsi, percorso fondamentale nel periodo dell’adolescenza, sapendo di avere una base sicura che non li abbandona e che li sostiene amorevolmente, che non è amichevole o normativa ma che dovrebbe essere regolativa da un punto di vista educativo ed affettivo/emotivo.
L’adolescente che si presta a differenziarsi dalla sua famiglia di origine non è ancora totalmente autonomo. Per questo motivo ha bisogno di sapere con certezza di avere una sicurezza costante da parte dei propri genitori che gli permetta di sentirsi amato, accettato, rispettato e riconosciuto nella sua interezza. Questa sicurezza potrebbe comportargli una maggior sicurezza nel momento in cui si confronta con il mondo esterno e, di conseguenza, con se stessa in relazione con il mondo.
Terapia della patologia
Uno degli approcci più indicati per la condizione psicologica di diabulimia è l’approccio integrato medico/paziente.
Per questo motivo, oltre alle consulenze che svolgo nel mio studio, collaboro attualmente con l’Unità Operativa di Endocrinologia della Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari, all’interno della quale svolgo quattro consulenze psicologiche gratuite per persone afferenti l’Unità Operativa attraverso un progetto integrato e multidisciplinare per pazienti con diabete di tipo 1 e di tipo 2.
Le consulenze individuali e gli interventi clinici e psicoeducativi che svolgo nel mio studio a Bari o presso l’ambulatorio di Endocrinologia, sono finalizzate all’apprendimento, da parte della persona, di nuovi modi di pensare al proprio corpo, all’immagine corporea e al peso, così come nuovi modi di affrontare lo stress psicologico e sociale che porta al comportamento diabulimico. E’ importante potenziare e migliorare l’identificazione precoce e l’intervento attivo su questi comportamenti, per evitare che un comportamento problematico, se non trattato adeguatamente, possa cronicizzarsi.
Inoltre, è indispensabile integrare durante la consulenza la sfera familiare dell’individuo per poter incrementare la consapevolezza riguardo la problematica e aiutare tutto il sistema dell’adolescente e del giovane adulto ad apprendere un nuovo modo di relazionarsi nel sistema familiare, sociale, lavorativo e personale al fine di migliorare la sua qualità di vita.
Sei alla ricerca di un sostegno psicologico a Bari? Contattami subito!