Nel gergo comune, il narcisista viene definito spesso con accezioni negative: si tratta di un individuo arrogante, con un sé grandioso, saccente, manipolatore e con una bassa se non nulla empatia nei confronti del mondo esterno.
In questo articolo vorrei soffermarmi sulla fragilità alla base della manifestazione del disturbo narcisistico di personalità, poiché la definizione attribuita è spesso fuorviante ed esclude tutto il nucleo di vissuto sintomatologico e quindi di sofferenza di un disturbo che presenta una intensità e numerosità di sintomi pari ad altri disturbi.
Chi è davvero il narcisista
Tra l’elenco dei Cluster dei disturbi di personalità, il disturbo narcisistico di personalità è caratterizzato da una complessa identificazione e definizione.
Chi è il narcisista? Una persona piena di sé, vincente, ammirevole? Un individuo maligno che gode nel provocare la sofferenza altrui? Un soggetto che non comprende cosa sia l’empatia?
In questa cornice, si deduce che il disturbo narcisistico di personalità sia “scelto” da chi lo manifesta, in realtà è la strategia salvifica e “disfunzionale” che la mente attiva per difendersi dall’angoscia provocata dal mondo esterno, principalmente nella relazione con le prime figure di riferimento.
Quello che il narcisista mostra è solo l’involucro di un mondo interiore nascosto, per certezza di non essere compreso e accolto, di sofferenza, solitudine, vuoto, vergogna e sentimento di umiliazione e inadeguatezza.
Il Disagio del Narcisismo
Per questo motivo Glen Gabbard, nel suo libro “il Disagio del Narcisismo”, scrive che “anzitutto tanti pazienti con disturbi narcisistici sono infelici. Spesso nella loro vita c’è molta disperazione, e non ne fanno mistero. Sembra che non riescano a trovare ciò che cercano. Per lo più, anzi, non sanno nemmeno con certezza cosa sperano di trovare.”
Il narcisista in realtà non ha piena consapevolezza di sé, non si riconosce né conosce appieno, tanto che ha un bisogno costante ed incontrollabile di rivedersi nell’altro, di cercare e ricevere continua ammirazione e riconoscimento del suo valore che lui vede attraverso un ideale di sé, non un sé reale.
Il narcisista, quindi, struttura la propria personalità orientata in senso falsamente grandioso per risarcirsi rispetto al vuoto interiore in termini affettivi e di riconoscimento del suo io reale che ha e che porta con sé fin dai primi anni di vita. Infatti, esistono ad oggi differenti tipologie di narcisismo, tratto che viene denominato come fluido, non statico. Il narcisismo, premesso che sia un tratto presente in ognuno di noi, può oscillare nel corso della vita da quello “sano” a quello “disfunzionale” nella stessa persona.
Tipi di narcisismo
Nel corso degli anni, differenti autori hanno ordinato e definito con maggiore chiarezza le differenti caratteristiche del narcisismo. In particolare, possiamo elencare tre tipi di narcisismo:
- Narcisisti grandiosi e inconsapevoli: definiti anche “maligni” e “patologici” nel gergo comune, sono persone che hanno come principale finalità interpersonale quella di raggiungere i propri scopi personali, di conseguenza sono individui che non conoscono né tendono ad entrare davvero in relazione con l’altro. Sono persone che tendono a manipolare l’altro e/o l’ambiente per un tornaconto personale, con la certezza di essere in diritto di poterlo fare perché più potenti, importanti e speciali degli altri. La loro fragilità sta nel rischio di interfacciarsi con il fallimento di diversa natura (relazionale, lavorativo, personale, interpersonale) che minerebbe le loro aspettative grandiose nei confronti di sé stessi e che li farebbe sprofondare in un crollo psicologico profondo, facendo sì che si incontrino con il loro vero sé, inadeguato e fallimentare.
- Narcisisti vulnerabili: chiamati anche “covert”, cioè a pelle sottile, velati. Le caratteristiche principali di chi convive con una condizione di questo tipo sono una iper-vigilanza e costante stato di allerta, una estrema paura di essere rifiutati a tal punto da avere pensieri paranoici riguardo idee negative e giudicanti che gli altri possono avere di loro. Il sé grandioso, speciale e vincente, serve in questi casi per supplire il senso di inadeguatezza e solitudine profondo che avvertono. Spesso tendono a manifestare stati di rabbia quando non si sentono compresi e riconosciuti rispetto alla loro grandiosità e all’essere speciali e, nonostante rimuginino sul loro stato di inadeguatezza, giustificano alla fine il tutto definendo l’altro inconsapevole e non abbastanza intelligente da comprendere la loro unicità, ritenendosi comunque i migliori.
- Narcisisti ad alto funzionamento: il tratto narcisistico serve in questa circostanza per raggiungere il successo soprattutto in ambito lavorativo. Si tratta quindi di persone empatiche, estroverse e coinvolgenti, ammirevoli che intraprendono anche profonde relazioni interpersonali ma che sentono sempre la spinta a dover essere migliori del resto del mondo.
Un altro tratto da non sottovalutare è quello del narcisismo sano, quel tratto presente in ognuno di noi che serve per raggiungere gli obiettivi di diversa natura, affettivi, lavorativi, interpersonali, con sufficiente autostima e autoaffermazione.
È comunque necessario sottolineare che tutti i tipi di narcisismo viaggiano su un continuum che oscilla e può interpellare le differenti tipologie in diverse fasi di vita nella medesima persona.
Quali sono le cause della manifestazione
Come mai una persona sviluppa tratti e/o un disturbo narcisistico più o meno grave?
La risposta a questa domanda risiede nella relazione che l’individuo ha avuto nei suoi primi anni di vita con le sue figure di riferimento principali. Tutta la strutturazione della personalità del narcisista si basa principalmente sulla formazione nei primi anni di vita, di quello che viene chiamato in psicologia “falso sé”.
Il bambino vive da piccolo, impotente e dipendente qual è dalla propria figura di accudimento, la percezione costante di essere vittima di morte e quindi di vivere in una realtà tendenzialmente minacciosa. Ha, per questo motivo, necessità di una figura forte, rassicurante e stabile che lo aiuti a sentirsi meno solo nel mondo, sostenuto e che lo sostenga nella crescita riducendo la soglia di minaccia e aumentando quella di sicurezza.
In questo modo il bambino viene aiutato a regolare le proprie emozioni nella relazione con sé e il mondo, a riconoscersi nell’ambiente circostante e a riconoscere i propri limiti e le proprie risorse per vivere con sicurezza e difendersi da eventuali minacce reali.
Il paradosso di questa dinamica relazionale è che il sapere di non essere soli e di essere accettati, riconosciuti e sostenuti nelle proprie fragilità e nelle proprie risorse, aiuta il piccino a diventare un uomo forte, sano, autonomo e capace di relazionarsi con il mondo con autenticità, perché accettato e riconosciuto dalle prime figure con cui si interfaccia appena nato.
La relazione con le figure di attaccamento
Se tutto ciò non avviene, se la relazione con le figure di attaccamento non è nutritiva e non corrisponde al reale bisogno del bambino, egli percepirà ogni esperienza (personale, interpersonale, ambientale) spaventosa, angosciante, più forte di sè. Di fronte a questo vissuto sarà costretto a costruirsi una maschera che diventerà il falso sé, necessario a proteggere il vero sé da un dolore che ne determinerebbe la “morte”.
Attraverso il falso sè e il narcisismo, la persona si protegge dalla dipendenza, dal contatto reale e profondo con l’ambiente, che viene percepito come cattivo, non nutritivo. Ma tale percezione rimane assolutamente lontana dalla consapevolezza, perché il narcisista manterrà inconsciamente la natura del vero sé che percepirà solo quando toccherà esperienze fallimentari o che mineranno la sua falsa grandiosità.
È per questo motivo che la persona narcisista è incapace di relazionarsi a livello profondo con le persone, perché il contatto con l’ambiente evocherà sempre la frustrazione, il vuoto affettivo, la solitudine ricevute nella prima infanzia. L’investimento narcisistico, la spinta definita in precedenza, sarà per lui l’unica forma di salvezza dall’angoscia di morte dettata dalla solitudine e dal sé reale mai accettato dall’ambiente.
Trattamento del narcisista
Come si può lavorare con un narcisista?
La risposta a questa domanda è: dipende. Di solito il narcisista inizia la propria terapia dopo aver toccato un fallimento che ha costituito una rivalutazione del falso sé grandioso fino a quel momento e che ha fatto sì che egli si sia sentito sempre più sprofondato in una dimensione depressiva e negativa.
Il lavoro che cerco di svolgere all’interno del mio studio in via Daniele Petrera 51/A verte su due punti fondamentali: il riconoscimento della propria natura e l’utilizzo di essa in modo funzionale per ritrovare una idea di sé vincente ma più coerente con il proprio vero sé.
La relazione terapeutica servirà non a ridurre e/o eliminare il tratto narcisistico, ma a renderlo cosciente e quindi funzionale per chi lo ha in modo che possa sentirsi padrone di esso e possa governarlo con consapevolezza, integrando le parti fragili e quelle forti, senza che e ferite e i fallimenti esterni, e anche le relazioni con l’ambiente (positive o negative che siano) possano compromettere l’immagine di sé.
Sei alla ricerca di un sostegno psicologico a Bari? Contattami subito!